Il bene immobiliare come rifugio per il welfare

Come cambia il bene immobiliare: con il diminuire della capacità di risparmio delle famiglie l'abitazione diventa sempre più un capitale da trasferire alle generazioni successive
Come cambia il bene immobiliare: con il diminuire della capacità di risparmio delle famiglie l’abitazione diventa sempre più un capitale da trasferire alle generazioni successive

Il possesso del bene immobiliare come garanzia per il futuro?

La vignetta di un celebre e cinico fumettista pubblicata qualche giorno fa, riporta questa conversazione tra due giovani: “Una volta si aspettava la morte di nonno per dividerci l’eredità” e l’altro risponde: “Oggi si prega affinché viva il più a lungo possibile, per aiutarci a pagare il mutuo”.

È la distorsione di un sistema di protezione sociale che nel giro di trenta anni ha completamente ribaltato i ruoli agiti dalle generazioni. Non più i figli, con lavori intermittenti e sempre più precari, che aiutano i genitori. Ma addirittura un nuovo protagonismo per i nonni, chiamati in causa non solo per un lavoro di cura e di accudimento ma addirittura investiti nel contribuire, con la loro pensione o con i beni accumulati nel corso della vita, al sostentamento della famiglia. Una economia che per progredire necessita di voltarsi indietro.

Come è noto in Italia e in generale nei paesi mediterranei molto più ancorati al possesso materiale del bene (dato assolutamente in controtendenza rispetto a paesi dove l’innovazione continua è data anche dalla propensione a cambiare residenza nel corso della vita e dove l’acquisto di una casa è visto quasi come un atteggiamento immobilista e poco incline al cambiamento come negli Stati Uniti) è molto alto il tasso di diffusione della proprietà immobiliare. Le persone arrivano alla terza età possedendo l’abitazione, ma sempre allo stesso tempo molto più povere dal punto di vista del reddito, in difficoltà anche nel sostenere servizi e cure, specie se in famiglia vivono anche persone con disabilità. Aumenta dunque l’interesse per strumenti come la nuda proprietà (o le ipoteche) che consentono di dotare le famiglie di una parte della ricchezza continuando a vivere nella stessa casa.

Uno studio della fondazione Cariplo sul ruolo del non profit per la gestione del bene immobiliare

Uno studio recente della Fondazione Cariplo identifica in questo ambito un ruolo per il non profit, anche per strutturare un modello che non guardi alla speculazione o semplicemente al mercato, ma per trovare un punto di equilibrio.

«Oggi il mercato opera a volte in condizioni di scarsa trasparenza – spiega il curatore di una delle ricerche – il nostro studio ha fatto una fotografia della situazione immobiliare; abbiamo valutato alcuni strumenti per tutelare le parti più deboli per far sì che si vedano riconosciuto il giusto valore della nuda proprietà. E infine abbiamo ipotizzato la necessità che vi sia un soggetto istituzionale a fare da garanti su queste operazioni e in grado di attivare la rete dei servizi non profit».

Il 70% degli anziani è proprietario. Il 75% vive da solo, in case che nell’80% dei casi sono troppo grandi per loro. Persone che con un reddito di 7.000 euro annuali vivono in case che valgono anche 400.000 euro. Sono più di 20.000 le persone che vivono in un nucleo con una persona definita in condizione di fragilità (principalmente con una o più disabilità).

«Pensare alla casa come luogo di welfare – continua il responsabile – significa però anche promuovere nuovi modelli dell’abitare, come la residenzialità leggera e sociale favorire la vita indipendente o a sostenere le prime esigenze di vita assistita degli anziani e persone con disabilità di fronte al ‘dopo di noi‘, il momento in cui i genitori non ci saranno più».

L’Osservatorio di Fondazione Cariplo ha analizzato alcune delle migliori pratiche internazionali (Viviendas dotacionales a Barcellona, Continuing care retirement community negli Usa) e italiane, fra cui le esperienze di Bird, a Brescia, o il progetto del Borgo sostenibile di Figino (Milano).

Il punto di vista di Palazzo Chigi

Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti ha dichiarato: «Sul fronte dell’abitare abbiamo oggi molto componenti che possono coagire. La tecnologia, mercato, il non profit e la rete di volontariato. Come Governo, abbiamo recentemente sottolineato l’importanza del Terzo Settore, purché non ci si rivolga ad esso solo quando Stato e Mercato non ce la fanno. Dobbiamo lavorare insieme, anche sui temi che riguardano l’abitare, il lavoro, il welfare, la sanità. Il mondo deve provare a cambiare. Dialogando con quelle realtà che queste esperienze le stanno facendo, come Fondazione Cariplo e l’universo che sta attorno ad essa. La volontà è quella di agire seguendo tutti coloro che sono in grado di fare innovazione. Come ha dimostrato di fare il non profit».

Welfare e casa sono due fattori fondamentali per il bene delle persone che vivono nelle nostre comunità urbane sempre meno sostenibili, nonostante i continui richiami alle smart cities.

Abbiamo già parlato sul sociale.it della tendenza sempre più diffusa tra gli anziani di sperimentare forme di convivenza per affrontare meglio la solitudine ma anche le spese. Si tratta del fenomeno del silvercohousing.

I quaderni sono pubblicati nell’apposita sezione del sito della Fondazione Cariplo