Ospedali, cure ed efficienza: un po’ di numeri

Preparazione ad un intervento chirurgico
Preparazione ad un intervento chirurgico

Uno studio che mette a fuoco ciò che succede negli ospedali italiani, e che fornisce rilevazioni statistiche sui trattamenti riservati ai pazienti, e sulla loro efficacia. Si tratta del Programma Nazionale Esiti, presentato il 20 ottobre dal ministro Lorenzin e sviluppato dall’ AGENAS, l’ Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali. Le rilevazioni statistiche e l’analisi dei dati sono svolte dal Dipartimento di Epidemiologia del SSR della Regione Lazio, che gestisce anche un sito web dove si possono consultare tutte le statistiche elaborate.

Troppi parti cesarei

Un dato interessante è quello che riguarda la percentuale di parti cesarei, ovvero quei parti che si effettuano per via chirurgica attraverso un taglio dell’addome e dell’utero. Lo studio evidenzia una notevole differenza tra regioni del Nord e quelle del Sud; nelle prime la percentuale di parti cesarei si attesta intorno al 20%, nelle seconde intorno al 40%, con la Campania che arriva persino al 50%. La maggioranza degli esperti sostiene che percentuali del 40% o superiori sono troppo alte: infatti le statistiche dicono che il parto cesareo riduce i rischi per la madre e per il bambino solo in determinate situazioni, in particolare quando il bambino si presenta in posizione podalica, cioè con la testa verso su. In assenza di particolari situazioni problematiche, invece, il parto cesareo è poco consigliatosoprattutto, aumenta il rischio di infezioni per la madre, rende più difficoltosi eventuali successivi parti e aumenta addirittura il rischio di complicazioni gravi.
Quando il feto si presenta in posizione podalica, il parto cesareo è più indicato di quello vaginale
Quando il feto si presenta in posizione podalica, il parto cesareo è più indicato di quello vaginale

Operazioni al femore: poca tempestività

Altri dati interessanti sono quelli che riguardano le fratture di femore. Tali fratture occorrono soprattutto negli anziani e a volte, purtroppo, provocano complicazioni che vanno al di là dell’immobilità dell’arto. A volte le fratture di femore possono causare embolie mortali, altre volte l’immobilità prolungata può procurare gravi problemi sia fisici che psicologici. Per queste ragioni, nella maggior parte dei casi esse vanno trattate chirurgicamente: è provato che un intervento tempestivo, possibilmente entro 24 – 48 ore, in media riduce il rischio di decesso. Lo studio dell’ AGENAS dice che in Italia la percentuale di fratture al femore operate entro 48 ore è ancora bassa, essa è pari appena al 45%; cinque anni fa, però, essa era ancora, e notevolmente più bassa, appena il 28%. La percentuale varia molto: si va da alcuni ospedali che rasentano il 10% ad altri ospedali che sfiorano il 90%. La regione con la percentuale più alta di operazioni è il Trentino, osserviamo in ogni caso che percentuali molto alte non sono necessariamente sinonimo di efficienza: talvolta, infatti, si può cadere anche nell’errore di operare quando non è necessario.
Negli anziani, purtroppo, le fratture del femore sono abbastanza frequenti
Negli anziani, purtroppo, le fratture del femore sono abbastanza frequenti

Cardiochirurgia

Lo studio contiene rilevazioni su molti altri tipi di interventi. Ad esempio, esso rileva che la percentuale di infarti trattati con angioplastica primaria entro 2 giorni è pari al 39%, una percentuale in crescita ma ancora lontana dallo standard del 60%. Oppure, che un paziente su 50 muore nel mese successivo ad un by-pass aorto-coronarico: in alcuni ospedali, però, tale proporzione arriva a 1 su 10. Leggermente più pericolosi gli interventi di valvuloplastica o di sostituzione delle valvole cardiache, con un paziente su 35 che muore entro un mese.

Numero di interventi: attenzione …

 Lo studio AGENAS poi prende in considerazione i volumi di attività delle strutture ospedaliere; risulta che molti ospedali eseguono un numero di interventi basso. Ad esempio, solo il 24% degli ospedali italiani che operano tumori alla mammella esegue più di 150 interventi annui; solo  il 16% degli ospedali che operano tumori al polmone, esegue più di 100 interventi annui; solo il 12% degli ospedali italiani che operano tumori al colon esegue più di 20 interventi annui. Gli ospedali restanti, cioè la grande maggioranza, sarebbero al di sotto degli standard quantitativi prescritti dal Ministero della Salute; recentemente, alcune strutture sono addirittura state chiuse perchè avevano performato un numero di interventi inferiore a tali standard. In generale, è vero che un alto numero di interventi è indicatore di efficienza; osserviamo però che determinare l’apertura o la chiusura di strutture ospedaliere in base soltanto allo scarno numero di interventi effettuati, può dare luogo a distorsioni. Per raggiungere la soglia prescritta, infatti un reparto potrebbe essere incoraggiato ad operare anche quando non è necessario, con implicazioni grottesche. La sorte di un reparto ospedaliero, pertanto, non può dipendere da un solo numero: vanno impiegati parametri di valutazione più raffinati.