Able Act, la risposta britannica al “dopo di noi”

Able Act e "dopo di noi"
Able Act e “dopo di noi”

Il “dopo di noi”, una questione che riguarda tutte le famiglie con una persona con disabilità

ABLE, che è l’acronimo di Achieving a Better Life Experience (consentire il conseguimento di una migliore esperienza di vita), è la proposta del governo britannico sulla questione del “dopo di noi”. La sua genesi infatti si deve ad una proposta di legge sorta dalla preoccupazione del padre di una bambina inglese, nata con la Sindrome di Down, di assicurare, attraverso i propri risparmi, una cifra adeguata per garantire il futuro della figlia.

La condizione di disabilità è cosa che interessa tutti, è una parte della società, non deve quindi essere pensata come un fardello da sopportare soli. Una persona con disabilità rappresenta infatti un elemento della collettività e della società e in essa va incluso e considerato. Ma spesso nel quotidiano, la persona con disabilità è invece a carico esclusivo della famiglia, soprattutto in caso di gravi disabilità e relative esigenze assistenziali. Purtroppo la famiglia non è eterna, e prima o poi si deve affrontare la dolorosa questione del “dopo di noi”.

La legislazione in merito

La poca ricettività della politica al problema non riguarda solo l’Italia ma è corrisposta, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, ad una serie di forme dirette di azione politica del movimento per i diritti delle persone con disabilità, tra cui è possibile segnalare «boicottaggi, manifestazioni e azioni di lobbying parlamentare».  A questa serie di azioni ha risposto, come raccontato dal Il Corriere della Sera – Sociale, Stephen Beck , un attivista per i diritti sociali delle persone con disabilità di Burke, in Virginia, che pochi giorni prima di morire ha visto l’approvazione parlamentare dell’ABLE Act. A dicembre il Presidente Obama ha deciso di intitolare il provvedimento proprio a Beck, morto all’improvviso, pochi giorni dopo l’iter parlamentare della legge.

La legislazione statunitense prevedeva che non si potessero lasciare ai propri figli più di 2 .000 dollari di risparmi senza perdere i benefici previsti dal sistema sanitario nazionale. Con l’ABLE Act  invece ci sarà la possibilità di aprire conti bancari a favore di persone con disabilità su cui accantonare, senza tasse, fino a 14.000 dollari all’anno ed un importo massimo complessivo di 100 mila dollari, mantenendo, al tempo stesso il diritto alle prestazioni socio-sanitarie garantite.

La situazione in Italia

E nel nostro paese? La ABLE Act sembra davvero lontano dal sistema di politiche a supporto delle persone con disabilità in vigore da noi. Ci si accorge di quanto sia difficile pensare a sgravi e detrazioni fiscali, a favore delle persone con disabilità, soprattutto se si pensa alle vicende della riforma dell’ISEE, realizzata con la legge n. 214 del 2011 e successivamente con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 159 del 2013.

La circolare INPS 171 del 18 dicembre 2014 chiarisce che, nel conteggio dell’indicatore della situazione reddituale, devono essere conteggiati anche i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, a qualunque titolo percepiti da parte di amministrazioni pubbliche»: ovvero le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento. Nel computo del reddito, ancora, sono state previste franchigie, «fino ad un massimo di 5.000 euro, per una serie di spese relative alla situazione di disabilità, certificate a fini fiscali come ad esempio le spese per l’acquisto di cani guida».

Inoltre la circolare prevede la possibilità di regime di opzione migliorativo per la determinazione dell’ISEE per l’accesso a prestazioni di natura socio-sanitaria laddove afferma che «per la richiesta di prestazioni sociosanitarie rivolte a persone maggiorenni con disabilità o non autosufficienza, si ha facoltà di scegliere un nucleo familiare ristretto rispetto a quello ordinario, composto esclusivamente dal beneficiario delle prestazioni, dal coniuge, dai figli minorenni e dai figli maggiorenni a carico ai fini IRPEF (a meno che non siano coniugati o abbiano figli), escludendo pertanto altri eventuali componenti la famiglia anagrafica. Nel caso di persona con disabilità, maggiorenne, non coniugata e senza figli che vive con i genitori, il nucleo ristretto è composto dalla sola persona con disabilità. In sede di calcolo dell’ISEE si terrà conto solo dei redditi e patrimoni di tale persona».

In Italia la strada per la elaborazione di una politica pubblica relativa alle persone con disabilità sembra ancora molto lunga, e gli oltre due milioni di italiani con disabilità, insieme alle loro famiglie,sono ancora costretti ad attendere.