La rinascita con il workers buyout cooperativo

(Internet)
Workers Buyout

Dipendenti che rilevano e salvano la propria azienda in crisi

In Italia e in Europa, a causa della crisi, si sta diffondendo il fenomeno dei workers buyout, ossia dei lavoratori che rilevano le loro aziende in crisi per risanarle tramite cooperative.

Di questo argomento si è parlato a “Nutrire i territori: qualità dei servizi, qualità della vita nelle aree metropolitane” dibattito internazionale organizzato da Confcooperative, primo dei 17 focus tematici che porterà a Cascina Triulza per l’ Expo sociale.

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“Se gli operai diventano imprenditori di se stessi l’impresa può rinascere con il workers buyout cooperativo,  a riprova del fatto che lo sviluppo va innescato sul territorio”, ha detto Massimo Stronati, presidente di Federlavoro e Servizi Confcooperative.

“Il lavoratore in crisi crede fortemente nella cooperazione ed investe il suo Tfr. Se il progetto va male, perde i suoi soldi non  quelli degli altri. In Italia nella crisi saranno stati un centinaio i workers buyout che hanno ricreato lavoro per 3000 persone a cui dovrebbero aggiungersene altri 5.000 nel prossimo biennio”.

Il lavoro ricreato

Il fenomeno era già stato presentato lo scorso anno nel libro “Futuro presente. Storie di lavoro ricreato”, che raccoglie le storie di 24 casi di workers buyout nate negli ultimi anni di crisi in Emilia Romagna.

Nuove esperienze cooperative in diversi settori, come gli spettacoli teatrali, la produzione di birra artigianale, l’accoglienza ed il cohousing solidale, il design sartoriale, le costruzioni ed i servizi informatici, sostenute da Confcooperative Emilia Romagna.

Ci sono aziende i cui lavoratori hanno rilevato e rilanciato un’azienda in crisi, giovani e donne che si sono inventati un mercato perché credono in ciò che fanno ha detto Elio Pezzi, autore del libro.

“I workers buyout in cooperativa sono storie di rigenerazione sul territorio. Sono storie di innovazione, di lavoratori che diventano imprenditori di se stessi. Tengono insieme il mezzo con il fine. Sono innovazione sociale – sostiene Paolo Venturi dell’ Università di Bologna e di Aiccon – perché é così che si produce ricchezza e benessere”.