I social per controllare i comportamenti collettivi

Monitorare le proprie performance e condividerle sui social
Monitorare le proprie performance e condividerle sui social

Un enorme archivio di big data sulle nostre performance sportive

I social per controllare comportamenti collettivi, primo esperimento su una running community di Twitter nel Regno Unito; un monitoraggio delle persone mentre corrono. Grazie alle App che si possono installare per monitorare le nostre performance sportive, ovvero per alimentare la diffusione del self tracking, è possibile consegnare ai socia milioni di big data. In generale nel self tracking c’è la passione di utilizzare devices tecnologiche che permettano di monitorare gli aspetti della propria vita. C’è anche la voglia di farlo per migliorarsi e per conoscersi meglio. Ma c’è anche una dimensione social, di condivisione dei propri risultati in relazione a quanto fanno gli altri, attuando una vera e propria competizione social. Ed è proprio questo che Twitter ha intercettato.

Il self tracker

Perché si diventa self-tracker? In molti casi, la registrazione dei propri atti è motivata dal desiderio di modificare le proprie abitudini, riducendole o incrementandole a seconda delle esigenze. C’è chi tenta di limitare il consumo di caffeina. Chi incrementare la lettura. Chi semplicemente conteggia le proprie calorie mentre passeggia col cane per capire se per il mantenimento della propria linea la sera potrà permettersi o meno una pizza. Pantaloncino e maglia, smartphone allacciato al braccio e connesso a qualche app che monitora in tempo reale la performance, sono in tanti a riscoprire un’improvvisa voglia di correre.

Un rapporto di ricerca di Brandwatch

In un’epoca dove tutto è big data, nemmeno le loro abitudini potevano passare inosservate alle aziende di social intelligence. Una di queste, Brandwatch, ha monitorato per tutto il 2014 la “running community” su Twitter del Regno Unito, qui è possibile leggere il rapporto di ricerca ma vediamo i punti principali: a correre sono in prevalenza uomini. Il 70% del volume complessivo di tweet nei dodici mesi di monitoraggio da Brandwatch è partito da account maschili. Spesso, fanno professioni che hanno a che fare con la competizione. Nella community monitorata, le professioni più frequenti sono addetti alla vendita e professionisti del marketing e delle Pr. In  minoranza le professioni intellettuali. Il gruppo sociale meno rappresentato nella Twitter community dei runner del Regno Unito è quello degli studenti. Molto sotto-rappresentati rispetto alle altre categorie lavorative anche giornalisti e ricercatori. Secondo i dati di Brandwatch chi supera i primi 10 giorni di corsa quotidiana, ha il 50% di possibilità di diventare un long-term runner, un praticante di lungo corso. I runner più anziani corrono la mattina presto. L’orario di attività maggiormente scelto dai runner del Regno Unito è stato il tardo pomeriggio per i giorni feriali e la metà mattinata per i giorni festivi. Nei primi tre mesi i runner che diventeranno long-term e quelli che invece smetteranno hanno performance di durata e di distanza molto simili: in media, tra i 5 e i 6 chilometri. I tempi della prestazione cambiano, in meglio, soltanto dopo. La pioggia non ferma i corridori “non è stata rilevata alcuna correlazione negativa tra pioggia e volume di tweet”. La primavera è la stagione più attiva, soprattutto per le donne. I picchi di attività della community sono stati registrati in primavera, in primo luogo, e poi in autunno. Dopo l’allenamento, tutti vogliono sapere com’è andata: sempre più spesso, quindi, scaricano app che forniscono dati in tempo reale su distanze, tempi, pendenze. Col risultato che Endomondo, Runkeeper, Runtastic entrano in possesso di una quantità enorme di dati aggregati su abitudini, comportamenti da connettere all’età dell’atleta e alla sua provenienza locale. Una massa di dati commerciabili in tutto il settore del fitness o più semplicemente, per capire comportamenti collettivi e individuali.