Fertilità femminile a rischio per plastica e pesticidi

Secondo una ricerca la plastica e gli insetticidi sarebbero causa di disturbi ormonali e di malattie dell'apparato riproduttivo all abase del 70 per cento dei casi d'infertilità femminile
Secondo una ricerca la plastica e gli insetticidi sarebbero causa di disturbi ormonali e di malattie dell’apparato riproduttivo all abase del 70 per cento dei casi d’infertilità femminile (flikr.com Tatiana VDB )

Ftalati e DDT interferiscono con sistema endocrino e causano malattie responsabili della maggior parte dei casi d’infertilità femminile

Alcune sostanze chimiche sono accusate di causare l’infertilità nelle donne. Secondo una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Jcem, Journal Of Clinical Endocrinology & Metabolism gli ftalati, sostanze utilizzate nella produzione di materie plastiche, ed i particolare Di-2-etilesilftalato, o DEHP, ed il Diclorodifenildicloroetilene, o DDE – un metabolita del DDT, insetticida vietato da tempo nell’Unione Europea – provocherebbero squilibri ormonali e sarebbero la causa di due diverse malattie del sistema riproduttivo femminile da sole considerate causa del 70 per cento dei casi d’infertilità nelle donne, l’Endometriosi ed il Fibroma dell’utero. Entrambi queste malattie, sebbene generalmente curabili e a decorso positivo, sono dolorose ed invalidanti fino alla completa guarigione. Soprattutto, però, mettono a rischio il concepimento, il regolare decorso della gravidanza e, più in generale, la fertilità femminile. 

Entrambe le sostanze chimiche, estremamente diffuse nell’ambiente – la prima perché presente in molti oggetti in plastica di uso comune e la seconda perché contenuta nelle acque e nei cibi – sono da tempo considerate Endocrine Disruptor, Interferenti Endocrini, ovvero in grado alterare il in maniera significativa il funzionamento del nostro sistema ormonale, tanto da essere definiti da chi ne studia gli effetti anche ormoni ambientali.

Nonostante sia ormai vietato da decenni l'insetticida DDT ancora è presente nell'ambiente e negli organismi umani ed animali
Nonostante sia ormai vietato da decenni l’insetticida DDT ancora è presente nell’ambiente e negli organismi umani ed animali

Sostanze da tempo sospettate di essere nocive

Il DEHP, in particolare è da tempo stato messo all’indice da Echa, l’European Chemical Agency, che l’ha definita sostanza “altamente preoccupante”, che può provocare infertilità e danneggiare i nascituri e ne sconsiglia l’uso nella sintesi delle materie plastiche. In realtà l’uso di questa sostanza, utilizzata soprattutto nella produzione del PVC è già regolamentata dai singoli stati e largamente vietata da tempo nell’UE, in particolare nei prodotti destinati a i bambini. Il DEHP risulta spesso però presente in prodotti in plastica di scarsa qualità, come i giocattoli importati da paesi da Paesi terzi. Gli ftalati, secondo una recente ricerca americana sarebbero inoltre i probabili responsabili di alcuni disturbi dello spettro autistico.

Il DDE, invece, risulta essere ancora a tutt’oggi presente nel grasso corporeo umano ed animale, nonostante l’insetticida, dalla cui metabolizzazione il prodotto chimico deriva, sia stato vietato in Europa diverse decine di anni fa. Ciò dimostrerebbe la capacità del DDT di rimanere a lungo nella catena alimentare prima di essere del tutto degradato, come confermerebbe inoltre uno studio realizzato in Francia dove il DDT è stato rintracciato in coltivazioni di soia. Una ricerca Usa ha inoltre ipotizzato che il DDT possa contribuire alla sindrome di Alzheimer. I costi combinati dei danni provocati alla salute da questi due prodotti, secondo al ricerca, peserebbero ogni anno per oltre 1 miliardo e 400 milioni di euro solo sulla sanità europea.

Gli ftalati, idrocarburi aromatici utilizzati nel ciclo di produzione del PVC sono spesso presenti in oggetti in plastica bassa costo importati da Paesi terzi, in primo luogo giocattoli. In Europa la loro presenza in oggetti destinati all’infanzia è vietata

“Sebbene milioni di donne in tutto il mondo soffrano di queste due malattie  – afferma Leonardo Trasande, professore di pediatria e di medicina ambientale alla New York University e coautore della ricerca – riconosciamo che questa analisi mostra solo la punta dell’iceberg. Queste malattie rappresentano anche un costo significativo per le donne, le loro famiglie e la società”.

Secondo Lisette Van Vliet della Health and Environment Alliance, un’organizzazione impegnata a difendere dalle minacce dell’inquinamento ambientale la salute dei cittadini europei, ha dichiarato: “Questo studio aggiunge mezzo miliardo di euro al già stupefacente conto di 157 miliardi annui che l’Europa paga per problemi di salute legati alla nostra esposizione a ormoni ambientali”.