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Africa: devastazione ambientale, sfruttamento ed Ebola

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Foreste e ruspe

La sciagurata opera di deforestazione in corso nei paesi del Golfo di Guinea sarebbe tra le cause della diffusione del terribile virus Ebola, che conta a tutt’oggi 2,400 vittime accertate. E’ questa l’opinione di alcuni esperti che sono stati sul posto e hanno studiato le dinamiche di trasmissione del virus da alcune specie animali, in particolare dai pipistrelli, all’ uomo. Secondo il dottor Jonathan Epstein, un esperto americano di Ebola che lavora per il gruppo scientifico Ecohealth Alliance, la sistematica devastazione delle foreste avrebbe enormemente aumentato la frequenza dei contatti tra gli uomini e gli animali portatori del virus Ebola.

Deforestazione, pipistrelli vaganti ed Ebola

Nelle foreste un tempo sterminate della Sierra Leone, della Guinea e della Liberia, i tre paesi più colpiti dal virus, avevano dimora i pipistrelli da frutta, che sono portatori sani di Ebola, nel senso che lo trasmettono ma non lo contraggono. Man mano che queste foreste sono state distrutte, i contatti tra questi pipistrelli e gli uomini si sono parecchio intensificati: nei nuovi insediamenti umani che si sono venuti a formare, è frequente vedere i tetti delle case pieni di pipistrelli. In questo modo, è stato inevitabile che alcune persone venissero a contatto con il sangue o con gli escrementi dei pipistrellicontraessero il virus, e lo trasmettessero a familiari e conoscenti. Probabilmente, un altro importante veicolo di diffusione del virus è costituito dalla carne di animali selvatici, che in quei paesi si consuma in grande quantità.

A chi giova tutto ciò?

Nei paesi in questione, le foreste vengono distrutte per lasciare spazio ad attività come l’agricoltura, l’estrazione mineraria, la raccolta di legname e di legna da ardere, l’espansione urbana. E’ stato calcolato che in 15 anni la Sierra Leone ha perso il 17,7% del suo patrimonio forestale. Tutte queste attività dannose per l’ambiente servono, almeno, a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale? Nemmeno per idea. Stando all’ Human Development Report, Sierra Leone e Liberia sono tra le cinque nazioni più povere al mondo. I profitti delle attività industriali, infatti, vanno in buona parte agli investitori occidentali e in minima parte ai lavoratori, sottopagati e spesso anche minorenni; anche buona parte dei prodotti di tali attività vengono esportati all’estero e in molti casi, come in quello dell’oro e dei diamanti, servono solo a soddisfare la smania di lusso dei paesi più ricchi. Lo sfruttamento più grande avviene nel settore dell’ agricoltura: in questo caso le compagnie estere non solo sfruttano il terreno prima ricoperto dalle foreste, non solo esportano all’estero gran parte dei prodotti della terra, ma spesso, con la complicità dei governi, sono arrivati anche a sottrarre agli agricoltori locali le loro terre, quelle terre che di frequente coltivano esclusivamente allo scopo di sfamarsi.

Il dramma del lavoro minorile, quanto mai diffuso nei paesi del Golfo di Guinea
Ripensare l’economia
La distruzione delle foreste, insomma, sconvolge gli equilibri biologici, giova soprattutto ai più ricchi e causa malattie gravi come l’ Ebola. La regione del Golfo di Guinea, quindi, necessita ancora di più di altre regioni del mondo di un modello di economia sostenibile, che abbia ben presente la distinzione tra attività economiche utili, inutili e dannose. Alle attività che creano danni a vantaggio dei più ricchi, come l’estrazione mineraria e l’agricoltura unicamente da esportazione, va posto un serio freno; vanno invece incentivate supportate in tutti i modi quelle attività che allo stesso tempo rispettano l’ambiente e vengono incontro alle necessità impellenti della popolazione, come l’agricoltura da sostentamento e il turismo.

 

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