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Un braccio robotico comandato dal cervello

Braccio robotico
(Internet)
Braccio robotico

Sperimentato in California un dispositivo innovativo e utile

Un nuovo braccio robotico comandato con il pensiero, grazie a microelettrodi impiantati nel cervello, potrà dare la possibilità a chi non può muovere gli arti di compiere le operazioni più elementari.

Un sistema innovativo, nato dalla collaborazione tra il California Institute of TechnologyUniversity of Southern California e il Centro di Riabilitazione Rancho Los Amigos, che permette di comandare gli oggetti a distanza (vedi l’ estratto pubblicato su “Science”).

L’idea di Richard Andersen, a capo di un team di ricercatori in California, è stata quella di utilizzare la corteccia parietale posteriore, preposta alle funzioni cognitive superiori, per trasformare la formulazione dell’intenzione di effettuare un movimento nel comando corretto al braccio robotico.

Dalla corteccia parietale posteriore

Erik Sorto, un uomo paralizzato da 13 anni a causa di un danno spinale, si è fatto impiantare due microchip con 96 sottili elettrodi in due punti della corteccia cerebrale.

I segnali provenienti da questa vengono poi tradotta da un sistema informatico in impulsi elettrici adatti a muovere il macchinario.

Erik ha iniziato dal 2013 un programma di addestramento che gli ha permesso a piccoli di passi di gestire prima il programma sul computer, poi direttamente il braccio robotico.

La risposta è stata positiva e il movimento finale si è rivelato particolarmente fluido e simile al movimento reale, tale da permettergli di afferrare un bicchiere, anche se tale movimento risulta disturbato da un leggero tremore e un ritardo rispetto all’input del paziente.

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Cal-BRAIN Award

Non è la prima volta che persone paralizzate riescono a comandare robot grazie a microchip che registrano la loro attività nervosa, ma la precisione, fluidità e innovazione del meccanismo hanno consentito a Richard Andersen di vincere il Cal-BRAIN Award per le neuroscienze.

Anche se la stessa Science spiega che “prima che il dispositivo possa essere utilizzato,  devono essere risolte diverse questioni, come la resistenza all’usura degli elettrodi impiantati nel cervello, l’ottimizzazione degli algoritmi che traducono l’attività nervosa in impulsi elettrici e lo sviluppo di un sistema di feedback che informi il paziente in tempo reale sui movimenti eseguiti dal braccio.

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