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Una start up sanitaria per orientare gli "Expat"

Un aiuto sanitario per gli Expat
Un aiuto sanitario per gli Expat

Un aiuto per gli Expat

Una start up sanitaria per orientare gli Expat, termine che deriva dalla parola inglese expatriate: residente in un paese straniero; esiliato o bandito dal proprio paese. L’abbreviazione expat nasce nel gergo professionale anglosassone e si riferisce al lavoratore che l’azienda ha trasferito (relocated) in un paese straniero. Da qui poi la differenza in termini di contratto: puoi essere assunto sotto expat terms o local terms. Se l’azienda ti manda all’estero e ti fa un contratto da expat guadagni molto più di quello che guadagnavi nel paese in cui eri assunto come locale, questo per indennizzare il fatto che ti hanno fatto spostare per necessità dell’azienda e non per tua volontà. Ormai il termine è utilizzato per chiunque espatri in cerca di nuove opportunità professionali. Una donna italiana partendo dalla sua esperienza di migrante donna ha fatto questo ragionamento, riportato dalla stampa: «Noi italiane siamo abituate a fare ogni anno una visita ginecologica di controllo. E tutti gli anni, come molte altre donne, tornavo a casa un paio di giorni solo per incontrare la mia ginecologa». In Inghilterra le cose funzionano diversamente, per cultura e organizzazione. Il medico specialista si incontra molto raramente, solo in casi di urgenza. Solo in quei casi il medico di base (i cui servizi lasciano spesso molto a desiderare) autorizza una visita attraverso il sistema sanitario nazionale. Se vuoi farne una in privato, ti scontri con i prezzi altisonanti di questa città. Una ecografia senza visita interna costa attorno alle 250 sterline ( ovvero circa 355 euro). Ma lei anziché tornare annualmente a Milano, ha portato a Londra medici italiani. Ha creato una clinica. L’ha chiamata DottoreLondon

Il bisogno di consuetudini familiari

Si accorge, lentamente, che sotto c’è un bisogno provato da tutti i migranti. Quello di confrontarsi con medici che parlano la loro stessa lingua, e ne condividono la stessa cultura. Poi ha due problemi: trovare medici italiani e trovare una clinica. Mentre cerca i primi, incontra quello che diventerà il suo socio. Le prenotazioni sono fin da subito subito alte. Oggi, a un anno dal lancio, la sola ginecologia attrae tra i 40 e i 50 pazienti al mese. Venti, invece sono i bimbi che frequentano il pediatra. In tutto, i pazienti attuali sono otto volte quelli di un anno fa. Numeri raggiunti senza pubblicità e solo sulla base del passaparola. La clinica in cui al momento avvengono le visite è affittata a ore. Si paga solo quando il medico è presente e sta visitando un paziente. Ad ogni spesa, quindi, corrisponde un’entrata più alta, sufficiente anche a coprire la consulenza dello specialista e l’uso dei macchinari. Tolti tutti i costi restano tra le 500 e le 3000 euro al mese. Cifre non altissime per ora, ma è un progetto ad alto potenziale, curato dalla giovane ricercatrice solo nei ritagli di tempo, mentre lavora full-time nel settore marketing di un’azienda britannica. Un progetto che nei mesi scorsi mesi ha accolto anche altri specialisti: un dermatologo, un otorino laringoiatra, un fisioterapista, uno psicoterapeuta.

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