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Anche la Cia si fa social

L'intelligence Usa usa il social network per comunicare
L'intelligence Usa usa il social network per comunicare
L’intelligence Usa usa il social network per comunicare

Social e segretezza non vanno certo d’accordo, ma l’Agenzia Usa non può fare a meno di Facebook e Twitter

L’immagine è tutto. Anche per la Cia. Così l’agenzia d’intelligence Usa si adegua ai tempi ed affronta i vantaggi ed i rischi della presenza sui social network. Del resto è proprio sui social, con l’infinita quantità d’informazioni e di comunicazioni che riguardano persone in tutto il mondo che contengono e veicolano, che negli ultimi tempi si giocano partite importantissime per la sicurezza globale. Senza contare, poi, la minaccia del cyber terrorismo che spaventa forse anche di più del terrorismo tradizionale proprio perché può colpire in qualsiasi momento e a livello globale con conseguenze drammatiche in una società sempre più dipendente. Sembra però quasi una contraddizione in termini che un servizio segreto metta la faccia su Facebook e su Twitter. C’è poi un altro rischio: e se prima di essere arruolato un’agente ha avuto una vita sui social, sarà difficile che riesca a mentire sulla propria identità durante una missione.

“Dalla posizione di un’agente in clandestinità che deve creare e mantenere la propria copertura, forse uno degli elementi fondamentali dello spionaggio – ha affermato il vicedirettore della Cia David S. Cohen – questo può rappresentare davvero una sfida”.

Ovvero, è molto grande il rischio di bruciare la propria identità per qualche post di troppo e di vedersi respinti alla selezione per diventare agenti o licenziati in seguito, come pare sia accaduto a diversi agenti. Del resto non è una novità che imprudenze sui social possano costare il posto di lavoro. La Cia non fa eccezione, anche se nel suo caso rappresenta un problema di sicurezza nazionale. Tanto più che ormai i nuovi agenti ormai fin dalla nascita lasciano sul web una profonda impronta “digitale” che non è facile cancellare. Infatti, non è possibile cancellare un profilo social senza che non si noti, o postare solo quando non si è in incognito: sono tutti comportamenti social sospetti che potrebbero attirare l’attenzione degli avversari. Inoltre, un ulteriore problema è costituito dal fatto che buona parte della nostra identità è fatta anche dai nostri profili social e quindi, per un agente sotto copertura con un falsa identità, essere sui social può divenire indispensabile per essere credibile.

Insomma, per la Cia, che dal 2008 è su Facebook e solo dal 2014 su Twitter, essere sui social è importante, ma occorre trovare un punto di equilibrio. “La verità – spiegano a Langley – è che gli agenti  possono utilizzare i social abbiamo semplicemente delle linee guida per proteggere gli uomini e le donne che servono il Paese. Possono interagire sui social con like, following e chiedere le amicizie (ma solo fuori del lavoro)”.

Gli agenti evitano di parlare di questo argomento, ma sottolineano la creazione lo scorso anno di un nuovo dipartimento nell’agenzia, quello all’Innovazione Digitale, a testimonianza di quanto abbiano a cuore il problema. Si tratta infatti è il primo vero e proprio direttorato creato dal 1963, quando venne inaugurato quello di Scienza e Tecnologia con il compito di ideare realizzare gadget ad alta tecnologia per spie, sul modello di quelli di James Bond.

“Voglio che l’agenzia abbia la certezza di essere capace di comprendere come il [cyber] ambiente condizioni le missioni – ha affermato il Direttore della Cia John Brennan – voglio essere certo che la gente sia ben addestrata per andare in ogni zona del mondo”.

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