Giochi per tutti all’insegna di sport ed integrazione verso le paralimpiadi di Rio 2016
Duecento atleti di tutte le età con disabilità e non provenienti da 8 regioni italiane si sfideranno in giochi senza barriere 2016, la IVa edizione della manifestazione sportiva per tutti organizzata dall’Associazione art4sport ONLUS, che sbarca allo Stadio dei Marmi di Roma, dopo essere stata ospitata lo scorso anno all’Arena Civica di Milano.
L’iniziativa, sostenuta dal Coni e dal Comitato Italiano Paralimpico, di cui saranno presenti i rispettivi presidenti Giovanni Malagò e Luca Pancalli, fa il verso ai Giochi senza Frontiere, la seguitissima trasmissione televisiva di qualche anno fa, che vedeva squadre di provenienti da paesi di provincia in rappresentanza di nazioni europee sfidarsi i prove di abilità. La serata, che sarà condotta dal popolare Trio Medusa, rappresenta anche un divertente momento di avvicinamento alle olimpiadi e alle paralimpiadi di Rio 2016 che si svolgeranno nella metropoli carioca in agosto.
A sfidarsi in giochi divertenti all’insegna dell’integrazione nella favolosa cornice dello Stadio dei Marmi saranno otto squadre composte di venti giocatori formate da ragazzi tra gli otto ed i tredici anni ed adulti di entrambi sessi con e senza disabilità, provenienti da otto differenti regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Sardegna.
La onlus art4sport – il cui slogan è “lo sport come terapia, noi ci crediamo” – ha ideato Giochi senza Barriere ispirandosi alla storia di Bebe (Beatrice Vio), una bambina vitale e con tante passioni tra cui la scherma, che nel 2008 è stata colpita da una grave malattia che le ha causato l’ amputazione dei quattro arti e che quest’anno parteciperà alle Paralimpiadi Rio 2016. Da questa sua esperienza ha tratto la linfa art4sport per “promuovere lo sport come terapia fisica e psicologica per bambini e ragazzi con disabilità fisiche e migliorare la qualità della vita di bambini e ragazzi amputati, portatori di protesi di arto attraverso la pratica dell’attività sportiva”. Il principio sotteso è quello di puntare sulle abilità dei ragazzi piuttosto che concentrarsi sulle disabilità e portarli, insieme alle loro famiglie, a continuare a confrontarsi con il mondo, con l’altro da sé contro il rischio di un processo di introflessione.
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