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Quasi un quinto della popolazione preferisce non curarsi per difficoltà economiche: occorre una nuova strategia

Cure palliative e dignità del paziente

Nel corso dell’incontro tenutosi a Roma che ha riconfermato Giuseppe Maria Milanese a presidente  di Confcooperative-sanità lo scorso 3 luglio, è stata presentata una rielaborazione dei  dati  sempre più allarmanti sul disagio della popolazione di far fronte alla  spesa sanitaria forniti da una recente ricerca Censis unitamente alle proposte per riuscire a coprire i bisogni di cura e assistenza socio-sanitaria.

Secondo l’indagine Censis circa 12,2 milioni di italiani rinunciano a curarsi per difficoltà economiche; oltre 7 milioni si sono indebitati per farlo; 2,8 milioni hanno venduto casa per sostenere le spese per la salute .

Questi numeri tracciano in modo drammatico le diseguaglianze di un Paese in cui riesce a curarsi solo chi può pagare.  La denuncia di G. Milanese si associa ad un grido di allarme lanciato a tutto il mondo della cooperazione  per rivendicare una sanità per tutti e non solo per chi se la può permettere.

A fronte di una crescita della domanda, servizi e medici calano:  Solo nel 2015 si sono registrati 10mila dipendenti in meno rispetto all’anno precedente. Tra il 2009 e il 2015 i posti persi sono stati complessivamente 40.364. Situazione destinata a peggiorare se si considera che l’età media è salita nel 2015 oltre i 53 anni per i medici ed oltre i 47,4 per gli infermieri (dati ministero Economia 2016). Nei prossimi 5 anni, infatti, assisteremo a un esodo di 30mila medici che determineranno un calo del 30% delle attività.   Si allungano altresì le liste di attesa per effettuare prestazioni ambulatoriali e sottoporsi ad interventi chirurgici,   per cui i cittadini si rivolgono a strutture private affrontando costi maggiori. Un esempio su tutti: per una mammografia l’attesa media è di 122 giorni, che al Sud arrivano a 142».

Sostiene Milanese che la spesa pubblica  rappresenta il 75% della spesa sanitaria corrente e negli stessi anni ha registrato una crescita media annua dello 0,5% rispetto a quella delle famiglie che è aumentata mediamente del 2% annuo. Una situazione che grava maggiormente sulle famiglie a basso reddito: 7 su 10 dichiarano infatti che la spesa per la salute incide pesantemente sul bilancio familiare, mentre il 47% dichiara di tagliare altre spese per pagare la sanità (Istat). Il problema non è la spesa in sé. Non chiediamo di aumentarla ma di ottimizzarla, considerando che su 26 miliardi di spesa per Ltc, appena 588 milioni vanno in servizi e il resto in trasferimenti monetari. Meno Ospedali e più servizi territoriali quindi! Servizi socio-sanitari che vanno comunque riorganizzati  in modo efficace, per rispondere ai bisogni di un Paese che cambia e invecchia sempre di più nei quali la cooperazione sociale può essere la via per ripensare il sistema. Una terza via, tra Stato e mercato, che si sostanzia in un network multiprofessionale e integrato di cooperative di medici, di operatori sanitari, di farmacisti e di mutue, che si propongono di affiancare il Ssn in chiave sussidiaria, non semplici erogatrici di prestazioni, ma corresponsabili nella gestione dei servizi di fronte ai cittadini. Uno strumento prezioso, conclude Milanese, per ridurre le disuguaglianze e contrastare la privatizzazione strisciante del Ssn.

 

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