In un libro la riflessione sui benefici di buone prassi nella gestione del personale

Buone prassi nella gestione del personale

 

Le buone prassi di gestione del personale, hanno benefici non solo sul benessere del lavoratore, ma sull’intero mercato. Si definisce employee engagement e ancora non ha un corrispettivo italiano. Ne parla un libro di Alessandra Mazzei recensito dal sito Morning Future: “Servono più parole: è la capacità di un’azienda di farsi percepire in modo positivo dai propri dipendenti, facendoli sentire parte di un ambiente positivo. Con due immediate conseguenze, almeno in teoria: i lavoratori saranno più motivati e, al tempo stesso, parleranno bene dell’azienda anche al di fuori del posto di lavoro. Fin qui, tutto ok. Ma le compagnie si devono guardare dall’effetto opposto, perché potrebbe avere effetti devastanti: si chiama “disengagement” e si verifica quando i lavoratori, delusi dai propri capi, dalle loro condizioni o dalle dinamiche aziendali, finiscono per non sentirsi parte di un gruppo, di un brand, e anzi diffondono anche all’esterno una percezione negativa di quel posto di lavoro.

Questi meccanismi sono stati studiati nel dettaglio da Alessandra Mazzei, docente dell’università Iulm di Milano ed esperta di comunicazione d’impresa. Nel suo Engagement e disengagement dei collaboratori (Franco Angeli, 2018), Mazzei spiega quali sono le principali discriminanti per far sì che un collaboratore sia coinvolto in modo positivo nell’azienda, fotografando anche lo stato dell’arte in Italia.

Le ricette per ottenere un buon engagement sono tante, ma prima di tutto bisogna non sottovalutare gli effetti di una cattiva gestione del personale.
Quali sono le molle per coinvolgere attivamente i collaboratori? Inclusività nella gestione delle relazioni, intanto, e poi equità e trasparenza nelle procedure organizzative e valorizzazione delle risorse umane. Tradotto: un dialogo franco con i dipendenti, rispetto reciproco, chiarezza nelle dinamiche aziendali che coinvolgono il personale, apprezzamento del lavoro (ben) svolto. In queste condizioni è più facile che i collaboratori abbiano un buon engagement e si sentano parte dell’azienda, garantendole benefici anche all’esterno.

Ma queste stesse pratiche, se mancanti o se gestite in modo negativo, possono ottenere esiti disastrosi, portando i dipendenti persino a odiare i propri capi, delegittimandoli coi colleghi, con la concorrenza e con i clienti, o a sconsigliare ad altri di legarsi al brand.

Secondo Mazzei, in Italia non c’è sufficiente attenzione al tema, tanto che il coinvolgimento è considerato insufficiente. I dati peggiorano, secondo le ricerche, con le aziende che adottano strategie di riduzione dei costi, che operano solo a livello nazionale e che non sono quotate. Eppure non serve essere una multinazionale per garantirsi un buon rapporto con i lavoratori. Le ricette sono tante, ma il punto di partenza è sempre lo stesso: prendere coscienza del problema e non sottovalutare i rischi di una cattiva gestione del personale”.