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Terzo Settore e tecnologie

Tecnologie e terzo settore
Tecnologie e terzo settore

Di Antonietta Mastrangelo

La vera sfida del Terzo settore: rendersi protagonista delle tecnologie emergenti senza subirle. Ne parla il giornale Vita  
Davanti alle tecnologie emergenti, dall’AI alla robotica, dall’industria 4.0 all’ internet of things, la sfida per il Terzo Settore è rendersi protagonista di una nuova intermediazione,senza subirla. L’articolo propone un’interessante dibattito, per risvegliare la coscienza del Terzo settore riassunto in 10 punti.
AI un’opportunità per il Terzo settore se ben utilizzata
Si parla spesso, soprattutto in questi ultimi anni di Intelligenza Artificiale (AI), che sia un fattore culturale delle ultime generazioni, o perché è la tendenza del momento, un po’ come accade per la moda, perché ci sentiamo più al passo con i tempi, prescindendo da tutto ciò un pç  accresce le opportunità. Ma le opportunità, moltiplicano i rischi. L’impatto sulla vita quotidiana dei sistemi di AI sarà rapido e, senza una sua adeguata comprensione e gestione, non sarà indolore. A tal propositoetica, economia, deontologia, responsabilità sociale, ogni aspetto del vivere comune, ogni spazio (pubblico o privato che sia) ne risulta coinvolto e, contemporaneamente, messo in discussione dalla grande trasformazione in atto. Si trattadunquedi un nuovo momentoper la società civile. Un momento storico collegatoall’impressionantemole di dati,sviluppo dei programmi di ricerca applicata legati all’AI, ma soprattutto al loro ruolo strategico (non solo nella possibilitàtatticadel loro utilizzo particolare), che taliavranno negli ambiti per tradizione e storia nei diversi circuiti lavorativi ed operativi del Terzo Settore: welfare, istruzione, salute e sanità, integrazione, cura, accoglienza, lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni. Lavoro.
Essere presenti sul territorio non basta
In una società come la nostra organizzata in base ai servizi, scenari attendibili ritengono che circa l’80% dei posti di lavoro intellettuale, di fascia medio-alta, verrà sopravanzato dai vantaggi applicativi e competitivi dei sistemi di AI.
Altre ipotesi meno apocalittiche prevedono, in luogo della sostituzione, una fase di transizione comunque rapidissima. In questa seconda eventualità sarà la rapidità, più che la fatalità a costituire problema.
La società civile e, in particolare, il Terzo Settore nelle sue punte avanzate sono dunque chiamati a seguire tre linee di faglia etica sottraendo il dibattito ai contesti ingegneristici, per declinarlo (in una prospettiva di umanesimo rinnovato e di “umanità digitale” ) in forma transdisciplinare.
Ma presidiare non basta. Occorre piuttosto pensare secondo un’ottica di etica speciale condivisa che permetta, subito, di:
§  contrastare gli usi malevoli dell’AI (killer robots,fake news, machine bias, profiling, trasformazione del cittadino e del consumatore in targets, ingegnerizzazione delle abitudini, costruzione di addictions, etc.);
§  contenere, anche in assenza di un’intenzione malevola, l’impatto socio-economico elavorativo fortemente diseconomico dell’AI,riducendo i costi e ripartendo su base sociale i vantaggi;
§  ridurre la black box, ossia la camera oscura che a oggi, dietro lo schermo della proprietà commerciale, impedisce il controllo effettivo degli algoritmi di base dell’AI;
§  incrementare la responsabilità sociale attraverso l’approccio human-in-command: le macchine devono costantemente restare sotto controllo umanoe il processo innescato, per essere innescato, deve poter essere fermato in ogni momento;
§  garantire un sistema open data che garantisca l’accesso condiviso a enti di ricerca,non solo la tutela individuale, ai dati sensibili utilizzabili per finalità comuni.

Un’etica che ripensi l’uomo responsabile delle azioni

Al contempo occorre ripensare a un’etica che abbia l’umano al centro e non alla periferia ( in cui rischia di essere confinato) del sistema.
Sul piano dell’etica generale occorre richiamare alla responsabilità di ogni visione:
§  se l’AI sarà per buoni fini oppure no, dipende in gran parte, dalla visione dell’uomo di cui programmatori (designers), utenti, governo e società civile si stanno facendo portatori.
Da tale visione non dipenderà solo l’orientamento di un particolare ambito applicativo tecnologico, infatti per la potenza dispiegata dai sistemi di AI, ne discenderà una posizione di subalternità complessiva o di rinnovata centralità dell’umano.
La scelta è sempre e comunque relativa al proprio campo di azione e da certe scelte dipenderanno le forme future del convivere e degli eventuali conflitti scaturiti.
Sul piano dell’etica particolare occorre invece pensare concretamente a:
§  Etica per i designers (responsible design);
§  definire un design etico che nell’attività di progettazione e programmazionenon si orienti sul cosiddetto machine bias, incrementando pregiudizi su base predittiva, favorendo la manipolazione di attenzione, credenze, modelli cognitivi;
§  Etica per gli utenti:orientare a un uso concretamente responsabile dell’AI imprese, governi, centri di ricerca, utenti ordinari;
§  Etica nella politics e nella policy:definire gli ambiti invalicabili per i quali non è ammessa alcuna delega all’AI nelle scelte concrete (es: licenziamenti; selezione del personale).

Bocciato il disimpegno morale

Dobbiamo impedire che il software design inneschi un processo irreversibile di deleghe in bianco su interventi che vertono sulla sussistenza stessa della vita umana (quando interrompere una terapia, quando intervenire, valutazione di rischi-benefici non fondata unicamente su prospettive utilitaristiche, etc.), non meno che su valori, relazioni, visioni che sono alla base del legame civile. Questo fenomeno produrrebbero effetti di disimpegno morale, (ovvero come demandare scelte decisionali fondamentali, per la vita di un essere umano ad un processore informatico con effetti disastrosi a domino).
La società civile e il Terzo Settore avanzato sono dunque chiamati a rappresentare l’avanguardia nel tracciare il nuovo scenario in cui l’AI venga fin da ora, ripensata by design, come una forma per ottimizzare risorse e massimizzare benessere condiviso. Dovremmo inoltre ripensare finanche a un’etica della volontà, adattandola a nuove sfide. Un’etica dei valori che ribadisca la centralità umana dinanzi a sfide che rischiano di prescindere da questa centralità.
In questo senso, qui di seguito sono proposti 10 punti come call for action e, al contempo, come terreno comune su cui generare riflessione e approfondimento.
, individuali e collettivi, che condividano di contro ai facili entusiasmi le criticità, L’invito è rivolto a soggettiche abbiano a cuore il destino e la vita stessa di un legame socialeche potrebbe essere vivificato, ma non per questo meno scosso dall’AI alle sue radici.Le tecnologie non sono buone o cattive a seconda dell’uso che se ne fa.
Le tecnologie sono soprattutto un contesto. Un design. Proprio per questo ogni tecnologia porta in sé una precisa riconfigurazione del legame sociale.
Renderla esplicita e, al contempo, affrontarla è un compito a cui il Terzo settore avanzato non può sottrarsi.

Terzo settore all’avanguardia: il call for action in 10 punti
1)Gli sviluppatori di software, algoritmi, AI sono chiamati a definire, chiarire, dichiarare senza ambiguità la propria visione dell’uomo e la sua centralità rispetto alla “macchina”.
2)Sviluppatori di software, algoritmi, AI sono chiamati a interessarsi alle implicazioni etico-morali derivanti dal loro uso o abuso, tenendo conto in fase di programmazione e progettazioni di queste possibilità.
3)Tutti i sistemi di AI devono essere progettati e condotti a operare in maniera compatibile con i valori della dignità, del rispetto e della libertà umana.
4)I sistemi di AI dovrebbero essere progettati in modo tale che i loro obiettivi e comportamenti si allineino con i valori umani di dignità, libertà e rispetto durante tutto il loro funzionamento.
5)I sistemi di AI devono orientarsi alla massima condivisione di conoscenza, benefici e empowermentdel maggior numero di persone possibile.
6)Il tema della redistribuzione del lavoro deve essere da subito al centro dell’azione del Terzo Settore.
7)Istituzioni pubbliche, imprese for e non profit, consapevoli dell’inevitabile ricaduta collettiva delle loro scelte di campo su AI, Big Data e algoritmi, sono chiamati a dotarsi di criteri di controllo umano preventivo e permanente sugli effetti delle loro scelte.
8)Imprese for e non profit si impegnano fin da ora a adottare, e il legislatore si impegna a introdurre ex lege, ambiti che non possono essere delegati alle scelte autonome e deresponsabilizzanti dell’AI,quando queste scelte impattano sui fondamenti della vita umana (sospendere le cure a un malato; licenziare o assumere una persona, etc).
9)Il potere decisionale, pubblico e privato, conferito a sistemi di IA altamente avanzati anche nell’ambito del Terzo settore dovrebbe rispettare e migliorare, piuttosto che sovvertire, i processi sociali e civici da cui dipende la salute della società.Nel contesto sanitario va tutelata la qualità della relazione umana che non può, né deve, in alcun modo essere sostituita o trovare supplenza in dispositivi algoritmici o di AI mediati da schermi o robot.​
10)Istituzioni e soggettività for e non profit si devono dotare di una figura interna di controllo (ethical manager) e di un’autorità esterna di vigilanza che vigili sul loro utilizzo e sulle scelte delegate ai sistemi di AI.
Si tratta dunque di una sorta di codice deontologico che potrebbe apportare benefici per quel che concerne i diversi ambiti in cui si trova ad operare il Terzo settore, nel rispetto della dignità umana e all’insegna dell’inclusione sociale, ridisegnando scenari diversi, migliorati certamente per l’utilizzo della tecnologia, ma rimodellati a seconda dei settori di azione in cui ogni associazione, cooperativa, enti privati, onlus vadano ad operare ed interagire, sia a contatto con il pubblico (front office/out bound) sia nel contesto propriamente lavorativo nell’organizzazione del proprio personale (back office/in bound). E’ cosa buona e giusta ristabilire ruoli e priorità restituendoli alle persone.
L’uomo al centro dunque, così come le sue priorità e necessità, ma anche le proprie responsabilità nella gestione di mansioni, processi decisionali, azioni, ruoli che non possono essere demandati all’Intelligenza Artificiale, ma competono l’agire umano.

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