Gli Hikikomori – “ritirati sociali” – sono 54mila in Italia

Hikikomori è un termine giapponese che in italiano si può tradurre come “ritirati sociali”: indica la tendenza, nei giovani o giovanissimi, di smettere di uscire di casa, di frequentare scuola e amici, per chiudersi nelle proprie stanze e limitare al minimo i rapporti con l’esterno, mantenendo i contatti prevalentemente attraverso Internet. La diffusione del fenomeno in Giappone, dove ha avuto la definizione, ha avuto luogo dalla metà degli anni ottanta, con un incremento sostanziale verso la fine degli anni novanta, può essere considerato come una volontaria esclusione sociale, una ribellione della gioventù e all’intero apparato sociale da parte di adolescenti che vivono reclusi nella loro casa o nella loro stanza senza alcun contatto con l’esterno, né con i familiari o amici.

L’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc) ha condotto il primo studio nazionale volto a fornire una stima quantitativa dell’isolamento volontario nella popolazione adolescente: si può stimare che circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore si identifichino in una situazione di ritiro sociale, emerge che i maschi sono più a rischio, mentre l’età più vulnerabile va dai 15 ai 17 anni, con un’incubazione delle cause del comportamento di auto-reclusione già nel periodo della scuola media, l’Hikikomori è anche altamente correlato all’uso a rischio di Internet” e al gaming, ma le femmine si attribuiscono più facilmente la definizione di Hikikomori – così come nell’utilizzo del tempo, con le ragazze più propense al sonno, alla lettura e alla tv.

Ormai oggi i giovanissimi si incontrano quasi sempre solo per fare attività con un adulto di riferimento che li segue, ed è difficile vedere gruppi di ragazzini da soli, magari intorno a un pallone e senza un telefonino in mano. La nostra società si è modificata moltissimo, la permanenza prolungata davanti allo schermo è diventata un’abitudine. E scivolare verso l’Hikikomori è diventato più facile.

Per rimediare al problema si è trovato un approccio medico-psichiatrico che consiste nel trattare la condizione come un disturbo mentale o comportamentale con il ricovero ospedaliero, sedute di psicoterapia e assunzione di psicofarmaci, mentre un altro approccio basato sulla risocializzazione che guarda al fenomeno come a un problema di socializzazione piuttosto che come a una malattia mentale. Lo hikikomori viene quindi ospitato in una comunità alloggio in cui sono presenti altri hikikomori, con la possibilità di interagire lontano dalla casa di origine.

 

 

Photo:Andrik Langfield Petrides (Commons.wikimedia.org)