Zuppi: «La pace arriva, se la cerchiamo»

All’incontro internazionale organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, Il cardinale presidente della Cei auspica il disarmo dei cuori.

La vera protagonista è la pace. La stanno invocando tutti, a Roma, all’incontro internazionaleOsare la Pacepromosso dalla Comunità di Sant’Egidio, che si è aperto domenica 26 ottobre con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e si concluderà martedì pomeriggio, con la preghiera ecumenica al Colosseo con papa Leone XIV. Dai partecipanti, arrivati in migliaia, ai numerosi leader religiosi provenienti da tutto il mondo, agli esponenti della cultura, della società civile, dell’economia e della politicaLa strada l’ha indicata il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna. «La pace viene se la cerchiamo», ha ribadito lunedì il porporato richiamando il suo intervento di domenica all’assemblea di inaugurazione. Dove ha esortato le religioni a «non essere mai motivo di guerra» e «a non lasciarsi manipolare per la guerra». E ha invitatodisarmare i cuori e a osare la pace «per garantire la sicurezza senza le armi», non confondendo «mai sicurezza e guerra». Perché il primo modo per osare la pace è proprio «non smettere di cercarla». Da qui un commento anche sulla situazione a Gaza. «Ci sono scintille di speranza, come le ha chiamate il Papa. Bisogna cominciare a pensare anche nell’emergenza e oltre l’emergenza».
La fotografia della situazione nella Striscia l’ha offerta il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, che ha tracciato la via per «una pace disarmata e disarmante». Questo il tema del primo forum della mattina, ispirato alle parole del Pontefice, che si è tenuto all’Auditorium Parco della musicaDurante la mattinata e poi nel pomeriggio, in diverse sedi, si sono tenuti altri 14 confronti su temi attinenti alla pace: dalla preghiera alla cura della Terra, dalle migrazioni al dialogo interreligioso, dall’unità dei cristiani all’uso dell’intelligenza artificiale, dai diritti dei bambini alla minaccia nucleare, dal ricordo della figura di papa Francesco al ruolo dell’Europa e dell’Asia.
Pizzaballa ha parlato inizialmente del dopoguerra, «ancora molto vago», e della ricostruzione di Gaza, «un grande business, una torta che non verrà mangiata dal 99% della popolazione». Secondo il porporato, «richiederà anni e non la faranno Kushner e Blair, ma quelli che nel territorio, sporcandosi le mani, saranno capaci di mettersi in gioco e ricostruire quel tessuto civile e umano che questa guerra ha distrutto».
Poi ha continuato: «Adesso che è finita l’emergenza e non ci sono più i bombardamenti, la gente è uscita dalle tane dove si trovava e vede di fronte a sé il nulla e tanto odio». Il cardinale ha quindi ha ricordato l’impegno preso dalla Cei di «ricostruire un ospedale», aggiungendo che «non sarà semplice». Poi, senza fare nomi, si è soffermato sulla necessità di «nuovi volti», perché «l’attuale leadership è troppo compromessa e non può costruire la pace». Da qui anche il suo auspicio a «crescere nella comprensione reciproca sul piano interreligioso», perché «il 7 ottobre e la guerra a Gaza sono stati uno spartiacque che ha segnato una ferita profonda nelle relazioni».
A margine, si è espresso anche sulle proposte in Israele per l’annessione della Cisgiordania. «Non potrà esserci, non deve esserciha detto -. I palestinesi hanno bisogno di stare a casa loro in libertà. I progetti a riguardo sono exploit politici che lasciano il tempo che trovano e fomentano più odio e violenza». Più di un applauso ha accompagnato le parole di Pizzaballa. In sala, tra gli altri, presente Elly Schlein, segretaria del Pd.
Apprezzato dalla platea anche il discorso del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che sottolineando l’indissolubilità di pace e giustizia sociale, ha invitato a contrastare la cultura, anche della politica, «che mette al centro il mercato, il profitto e non la persona». E ha esortato a «bloccare la politica del riarmo», perché «rischia di affermare una cultura che mette in discussione la prospettiva di un’estensione della democrazia e l’esistenza stessa della vita delle persone sul pianeta».
Sulla stessa linea, l’appello del cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica democratica del Congo), che ha raccontato la situazione del suo Paese, afflitto da guerre che «hanno causato milioni di morti, distrutto villaggi e disperso famiglienel silenzio colpevole di un mondo che continua a trarre profitto dal saccheggio sistematico delle nostre risorse». Eppure, ha aggiunto, «queste tragedie non troveranno una soluzione duratura attraverso le armi. La corsa agli armamenti porta alla rovina del bene comune». Sulla stessa sciaTouch Sarith, cambogiano, presidente del Dhammaraingsei Buddhist Association. «La Cambogia ha bisogno di paceha detto -. Conosciamo il dolore della guerra. Migliaia di famiglie abbandonano le loro case, i bambini non possono andare a scuolaChiediamo al mondo di fare pressione sul governo e sull’esercito thailandesi affinché rispettino il cessate il fuoco del 28 luglio 2025. Sono in gioco la vita e l’umanità».
Anche per Tarek Mitri, vice-primo ministro del Libano, che ha invitato a guardare al diritto internazionale come «strumento principale» contro la guerra, «nessuna pace può essere stabile se non è basata sulla giustizia». In questo senso Donia Kaouach, presidente della Fondazione Leaders pour la Paix, ha esortato a «finanziare» la pace. Perché, come ha sottolineato Muhammad Jusuf Kalla, presidente dell’Indonesian Mosque Council, «solo la pace può consentirci di fare progetti per il futuro».
Fonte: Avvenire.it
Photo: Avvenire.it