Ha due anni ed è nata con la Pfic: Ayeda curata all’Ismett di Palermo dopo essere arrivata in Italia dall’Afghanistan.
Dal gioco di squadra tra istituzioni pubbliche, organismi della società civile e media è emersa una possibilità di sopravvivenza per una bambina di due anni con una malattia rara e potenzialmente letale, nata per giunta “dalla parte sbagliata del mondo”. È la storia della piccola Ayeda, con Colestasi Intraepatica Familiare Progressiva (Pfic), giunta in Italia grazie a un visto sanitario lo scorso 4 settembre. Ad accogliere lei e i genitori a Palermo tutti i protagonisti di questa vicenda, che inizia il 24 maggio scorso, quando la mamma di Ayeda contatta tramite i social network Francesca Lombardozzi, presidente dell’associazione Pfic Italia Network, che dal 2020 lotta per coloro che hanno tale patologia: “In quel messaggio, questa mamma mi chiese aiuto e di raccontare al mondo la loro storia, di non lasciarli soli – ha raccontato all’agenzia Dire Lombardozzi – Mi spiegò che la sua famiglia viveva in Iran come rifugiata, dopo essere fuggita dall’Afghanistan, e che la bambina non poteva più ricevere le cure di cui aveva disperatamente bisogno dal momento che il permesso di soggiorno era in scadenza a settembre e non era possibile rinnovarlo. Impensabile per loro tornare in Afghanistan”.
Come riporta l’Agenzia Dire, la presidente della Pfic Italia Network decide allora di contattare l’Osservatorio malattie Rare (Omar), il quale pubblica un comunicato-appello per salvare la bambina. Vari articoli escono anche su altre testate, fino al coinvolgimento di Nove Caring Humans, organizzazione umanitaria da anni attiva in Afghanistan con progetti di emergenza e sviluppo. L’ong è consapevole della situazione umanitaria in Afghanistan, dove non solo mancano persino le cure mediche di base, e di quella in Iran, dove una riforma di legge del marzo scorso sta rendendo impossibile la vita ai profughi afghani, che ammontano a circa un milione e trecentomila. L’ong decide quindi di affiancare Pfic Italia Network per trovare insieme una soluzione all’emergenza. Decisivo, in questa corsa contro il tempo, sarà il coinvolgimento del presidente della Regione Sicilia Renato Schifani, che contatta l’ambasciatrice d’Italia a Teheran, Paola Amadei, per il visto sanitario che consente alla famiglia di lasciare l’Iran. Schifani dispone poi una donazione per garantire alla famiglia vitto, alloggio e assistenza a Palermo per tutta la durata della convalescenza dopo il trapianto, condizione necessaria per l’ottenimento del visto stesso. Altri attori essenziali sono, da un lato la Croce Rossa italiana – indispensabile per il trasferimento della bambina – e dall’altro l’ospedale Ismett di Palermo, specializzato nei trapianti, nella chirurgia cardiotoracica e addominale e nelle terapie ad alta specializzazione. La dottoressa Giusy Ranucci, responsabile dell’Unità di Epatologia e Trapianto addominale pediatrico, e il professor Jean-De Ville de Goyet, direttore del Dipartimento di Chirurgia Addominale Pediatrica e Trapianti, non esitano a dare piena disponibilità a prendere in carico Ayeda dal punto di vista sanitario.
Gli oltre 4mila chilometri che separano Teheran da Palermo vengono così annullati dalla forza della solidarietà: “Negli ultimi due anni, nonostante tutti i nostri sforzi, non avevamo trovato una soluzione e mia figlia soffriva moltissimo – ha confidato la mamma della bambina alla Dire – Tornare in Afghanistan avrebbe significato per lei morte certa, perciò nessuna notizia al mondo avrebbe potuto renderci più felici di sapere che potevamo venire in Italia. Quando l’ho comunicato a mio marito, è rimasto scioccato, non poteva crederci. Ringrazio tutte quelle persone che hanno deciso di ascoltarci e aiutarci”. Arianna Briganti, vicepresidente di Nove, ancora alla Dire ha commentato: “Non è il primo caso di questo tipo al quale ho contribuito e anche questa bambina, come tutte quelle che ho incontrato e aiutato, porta con sé la stessa verità: non esiste una gerarchia del dolore o della dignità. Ogni bambino e bambina ha diritto alla vita, alla cura e alla speranza. E ogni volta che un bambino viene salvato, è un dono che non si dimentica”.
“Di fronte al grido di aiuto della piccola Ayeda e della sua famiglia – ha detto il presidente Schifani – la Sicilia non si è voltata dall’altra parte. Si è messa in moto una straordinaria mobilitazione umanitaria che ha visto istituzioni, associazioni e cittadini uniti da un solo obiettivo: salvare una vita. Sono certo che abbiamo messo Ayeda nelle migliori mani possibili e che l’accoglienza e la generosità dei siciliani sapranno accompagnarla in questo delicato percorso di cura e speranza”.
“Come associazione di pazienti, è stato emozionante assistere a ciò che può accadere quando veniamo ascoltati da istituzioni, associazioni e media. Questa esperienza ha rafforzato una consapevolezza che la mia associazione già possiede: collaborare significa garantire il diritto alle cure anche per quei bambini nati dalla parte sbagliata del mondo. Questa rete ha dimostrato che professionalità, solidarietà e impegno umano possono davvero cambiare il destino dei più fragili”, ha concluso Lombardozzi.
Fonte: Superabile.it
Photo: Superabile.it
