Da Reddito di Cittadinanza (RdC) a Misura di Inclusione Attiva (Mia)

Entro le prossime due settimane dovrebbe essere presentato in Consiglio dei Ministri il nuovo decreto legge che riforma il Reddito di Cittadinanza (RdC), si chiamerà Misura di Inclusione Attiva (acronimo MIA) ed andrà a sostituire il Reddito di Cittadinanza per andare in sostegno dei cosiddetti “occupabili“, ovvero le persone individuate dallo Stato come disoccupati ed idonei a lavorare. La Mia si dovrebbe poter chiedere da agosto o più realisticamente dal primo settembre.

I beneficiari della MIA si dividono in due categorie:

Le famiglie povere senza persone occupabili, in cui sia presente almeno un minorenne o un over 60 o un disabile;

  • Le famiglie con occupabili, in cui almeno un membro abbia tra i 18 e i 60 anni.

 

La Misura di Inclusione Attiva non cambierebbe molto per un single non occupabile, con un importo base di 500 euro al mese (per 18 mesi), più una quota aggiuntiva per l’affitto di casa che potrebbe superare gli attuali 280 euro al mese. Cambia e di molto, invece, per gli occupabili. L’assegno base della MIA scenderebbe, infatti, a 375 euro al mese per un anno.

Rispetto al RdC, il tetto per aver diritto alla nuova Misura di inclusione attiva dovrebbe scendere dagli attuali 9.360 euro a 7.200 euro. Un taglio di oltre 2 mila euro dell’indicatore della ricchezza familiare che rischia di far fuori una fetta significativa della platea di potenziali beneficiari, probabilmente un terzo.

Previsto I’ aumento dell’importo del sussidio in base al numero dei componenti la famiglia, per migliorare l’assistenza ai nuclei numerosi.

Per i nuclei senza persone occupabili, dalla seconda domanda in poi, la durata massima della Mia si ridurrà a 12 mesi. Prima di chiedere una nuova prestazione dovrà passare un mese. Per i nuclei con persone occupabili la Mia scadrà al massimo dopo un anno la prima volta e dopo sei mesi la seconda. Una eventuale terza domanda si potrà presentare dopo una pausa di un anno e mezzo.

La MIA si potrà fare online su una piattaforma apposita, basterà anche un solo rifiuto a un lavoro (nella provincia di residenza e superiore ai 30 giorni lavorativi) trovato dai centri per l’impiego per perdere il contributo.

 

 

Photo: Torresette.news